di Lorenzo Benvenuti
Vertical tillage e ultra-shallow tillage sono tecniche di gestione del suolo che possono coesistere. Le accomuna la ridotta profondità alla quale penetrano gli utensili nel terreno e l’ambito nel quale possono essere applicate con successo.
Gli strati di diversa densità prodotti dalle attrezzature per la lavorazione convenzionale del suolo creano una barriera per lo sviluppo della pianta. Questo strato più compatto interferisce con la crescita delle radici e l’infiltrazione di acqua. Quando la pianta non riesce a sviluppare un apparato radicale esteso diventa più suscettibile a minacce come il vento e la siccità. Il vertical tillage mira a mantenere uniforme la densità nei profili del suolo ed evitare gli strati di compattazione.
Il vertical tillage parte quindi dal presupposto che il terreno vada lavorato solo con utensili che non creano alcuna forma di compattazione del suolo. A tale riguardo si evidenzia come, anche una compattazione del terreno leggera come quella che può essere realizzata da erpici a dischi convenzionali, equipaggiati con dischi concavi montati molto angolati rispetto alla direzione di avanzamento, interferisca con la germinazione della coltura e lo sviluppo dell’apparato radicale.
Da qui la necessità di riprogettare macchine e utensili a disco alfine di riuscire a eseguire la lavorazione richiesta senza alterare la densità del suolo nello strato sottostante a quello a cui lavora.
Il vertical tillage ricorre a dischi folli, piatti, con margine scanalato, tipo “flute”, montati con ridotto angolo rispetto alla linea di avanzamento o in alternativa ad erpici a dischi rivisitati, con possibilità di ridurre l’angolo di incidenza sul suolo rispetto alla direzione di marcia e dotati di dischi scanalati dritti o a bassa concavità. Più raramente, il vertical tillage ricorre ad ancore verticali strutturate per lavorare a bassa profondità. Queste ultime sono da prediligere sempre in terreni sassosi, come quelli che si incontrano in certe zone del centro sud o nelle fasce antistanti la pedemontana alpina.
La profondità di lavoro nel vertical tillage è limitata ai primi centimetri utilizzando utensili a disco (3-10 cm), mentre può raggiungere i 15 (20) cm utilizzando utensili ad ancora.
È quindi evidente che alcune attrezzature proposte per il vertical tillage realizzano una lavorazione tipica dell’ultra-shallow tillage. Questa tecnica infatti ricorre anch’essa a utensili a disco, in genere folli (ma non necessariamente), montati in modo da operare paralleli o quasi alla linea di avanzamento, in alcuni casi dotati di lame ortogonali che generano un forte impatto sul residuo colturale. Nell’ultra-shallow tillage la lavorazione è quindi sempre molto superficiale. Per quest’ultima, una definizione alternativa calzante potrebbe essere “lavorazione del residuo colturale” perché l’impatto sul terreno è limitato e finalizzato alla gestione del residuo stesso.
I benefici
Entrambi questi modelli di gestione del suolo possono essere pienamente valorizzati solo se inseriti in un processo di coltivazione rispettoso della struttura del suolo e mirato a mantenere/incrementare il contenuto di sostanza organica.
Rotazioni, secondi raccolti, cover-crop, galleggiabilità delle macchine, soprattutto alla raccolta, sono elementi imprescindibili della conservativa, interamente richiamati e necessari nell’implementazione delle tecniche descritte. Le esigenze sono quindi molto simili a quelle tipiche della non lavorazione (no-tillage).
Rispetto alla semina su sodo, ultra-shallow e vertical tillage consentono di:
– preparare un discreto letto di semina, riducendo notevolmente i problemi di germinazione e attecchimento delle piantine che si possono manifestare con la semina su sodo;
– accelerare la degradazione del residuo colturale;
– ridurre l’evaporazione; di mantenere più umido il residuo colturale nel corso della stagione più calda, accelerandone la decomposizione;
– conservare le riserve idriche del suolo interrompendo la risalita capillare (lavorazioni estive);
– raggiungere e poi mantenere condizioni di tempera nel suolo, aspetto importantissimo per le semine precoci primaverili delle colture a ciclo estivo (avvantaggiando soprattutto colture come quelle di sorgo, girasole, mais, soia e altre leguminose a ciclo estivo).
Inoltre questi modelli, quando correttamente applicati, diventano un’arma efficace nel controllo delle infestanti sia attraverso la loro distruzione meccanica e sia favorendone l’emergenza. L’alternanza fra diserbo chimico e diserbo meccanico riduce i problemi generati dall’uso ripetuto di diserbanti chimici, quali l’instaurarsi e il diffondersi di fenomeni di resistenza e l’eventuale accumulo di residui chimici nel suolo. Questi, almeno per le molecole a degradazione microbica, possono dipendere anche dalla scarsa attività biologica che tipicamente caratterizza i suoli gestiti per decenni in modo tradizionale.
La realizzazione di queste lavorazioni poco dopo la raccolta della coltura principale persegue inoltre lo scopo di favorire la germinazione anticipata dei semi delle infestanti. In pratica questa lavorazione superficiale permette di applicare il metodo della falsa semina che appunto consiste nel preparare il terreno con buon anticipo rispetto alla semina della coltura successiva per favorire l’emergenza delle infestanti. Dopo di che, con un secondo trattamento meccanico (più blando del primo) o con un trattamento chimico, si eliminano le infestanti germinate. Tale approccio inoltre, permette di ridurre realmente la carica di semi di infestanti e di farlo inoltre in modo molto più efficace rispetto all’aratura. L’aratura, infatti, quando eseguita con regolarità, riporta in superficie i semi degli anni precedenti che, data la loro elevata longevità media, vanifica in buona parte la millantata azione di contrasto alle infestanti imputata a tale operazione.
Nel vertical tillage e nell’ultra-shallow tillage la lavorazione del terreno è sempre affidata ad attrezzature che operano a elevate velocità (anche superiori ai 15 km/h).
Come e quando applicarle
Molte case costruttrici indicano come minimi valori di 12 o più km/h perché solo con velocità elevate si sviluppa pienamente l’azione agronomica che si vuole raggiungere. Ciò è possibile poiché la profondità di lavoro è di solito molto ridotta, in genere inferiore ai 10 cm; l’utensile che impatta sul terreno è molto spesso costituito da un disco e come tale riduce notevolmente l’attrito. L’effetto del disco sul residuo colturale però dipende anche dal tipo di residuo e dalle condizioni di umidità del suolo. Infatti, in suoli umidi l’effetto taglio si riduce molto, perché viene a mancare, da parte del suolo, l’effetto di contro battente. Queste tipologie di lavorazione quindi è meglio eseguirle con terreno in tempera. I residui più tenaci sono sicuramente quelli del mais, anche se le paglie di alcuni cereali vernini sono particolarmente resistenti. In quest’ultimo caso però, le basse condizioni di umidità, tipiche dell’estate, rendono il residuo colturale più “fragile”, mentre il terreno, opponendo maggiore resistenza alla penetrazione, favorisce l’azione di taglio e frantumazione.