Dopo anni di “discussioni” finalmente anche l’Emilia-Romagna ha inserito l’agricoltura conservativa nel suo Piano di Sviluppo Rurale.
La sostenibilità ambientale delle aziende agricole è stata infatti messa al centro del nuovo Psr 2014-2020 dell’Emilia-Romagna, che potrà contare su una dotazione superiore al miliardo di euro, di cui circa la metà serviranno per ridurre l’impatto ambientale delle attività agricole, attraverso il finanziamento di buone pratiche e tecnologie sostenibili, nelle quali rientra appunto l’agricoltura conservativa. In particolare l’agricoltura conservativa contribuisce a una migliore gestione delle risorse idriche, a prevenire l’erosione dei suoli e a promuovere la conservazione e il sequestro del carbonio nel settore agricolo e forestale. L’agricoltura conservativa contribuisce inoltre al raggiungimento dell’obiettivo trasversale “Mitigazione e adattamento al cambiamento climatico”, poiché attraverso l’applicazione di metodi di coltivazione innovativi, consente la riduzione delle emissioni in atmosfera e la fissazione della CO2 nel suolo.
Per sottolineare questa novità, il Centro Ricerche Produzioni Animali (Crpa) in occasione della Giornata Mondiale della Terra (22 aprile) ha organizzato una giornata in campo nell’ambito del progetto Life HelpSoil che coinvolge 5 regioni (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte). Tra gli obiettivi specifici del progetto c’è quello di attuare in 20 aziende dimostrative pratiche di agricoltura conservativa in grado di migliorare le funzioni ecologiche dei suoli, aumentando la sostenibilità e la competitività dell’azienda agricola. «L’agricoltura conservativa è una novità per l’Emilia-Romagna – ha detto il direttore del Crpa Adelfo Magnavacchi – dove comincia a essere proponibile su larga scala. Il fatto che il progetto Life HelpSoil unisca diverse regioni padane, che hanno problematiche comuni, consentirà sicuramente di produrre buoni risultati». «Life HelpSoil è un progetto che guarda all’ambiente e al contributo che può venire dall’agricoltura – ha aggiunto Stefano Brenna dirigente dell’Ersaf Lombardia, regione capofila del progetto –. Ed è bene ricordare sempre che l’agricoltura conservativa è una visione globale più che la mera applicazione di alcune tecniche agronomiche».
Ma vediamo più nel dettaglio come viene declinata l’agricoltura conservativa in Emilia-Romagna. In pratica, gli agricoltori emiliano-romagnoli, grazie a una specifica misura del nuovo Psr (identificata come 10.1 D), potranno aderire, per un periodo di 6 anni, a un impegno-base che prevede non-lavorazione o lavorazione a fasce, rotazione colturale e gestione dei residui. Si prevedono anche impegni aggiuntivi che potenziano gli effetti delle pratiche conservative sul versante della copertura del suolo, della gestione degli effluenti zootecnici e degli ammendanti. Nella tabella a fondo pagina sono riassunte le descrizioni della cosiddetta “operazione” relativa all’agricoltura conservativa che l’Emilia-Romagna ha previsto nel suo Psr 2014-2020 (gli impegni a carico degli agricoltori sono declinati in modo differente in ciascuna regione a seconda delle particolarità territoriali).
«Il Psr prevede un impegno di 6 anni – ha concluso Giorgio Poggioli, responsabile del Servizio Programmi, monitoraggio e valutazione della regione Emilia-Romagna – e abbiamo studiato il livello base più semplice possibile che prevede i 3 principi cardine dell’agricoltura conservativa: non lavorazione (quindi no-till e strip-till, mentre la minima lavorazione rientra nella sezione delle produzioni integrate), copertura permanente e rotazioni. Per queste tre funzioni base il contributo previsto è di 250 euro/ha, che può arrivare a 280 euro/ha nel caso si aggiungano le cover crop».
da Nova Agricoltura
Francesco Bartolozzi