La minima lavorazione ha avuto una larga diffusione in Italia, soprattutto per i cereali autunno-vernini. Vi è bisogno di fare chiarezza distinguendo, fra gli interventi di minima lavorazione, quelli che sono conservativi da quelli che non lo sono. Tale distinzione non è banale, proprio perché la classificazione non può basarsi solo sulla tipologia della attrezzatura impiegata. La reazione che si ottiene sul suolo e sul residuo colturale, infatti, dipende in larga misura anche dallo stato in cui si trova il terreno e dalla quantità e tipologia del residuo colturale.
I Programmi di Sviluppo Rurale di diverse Regioni Italiane hanno condiviso l’importanza di diffondere le lavorazioni minime e conservative del terreno. Per garantire una corretta applicazione di questa tecnica hanno inserito fra i parametri da rispettare quello della
profondità di lavoro che non deve superare i 15 cm di profondità. Limitare la profondità di lavoro riduce la quantità di residuo interrato a prescindere dalla tipologia di attrezzatura utilizzata, ovviamente se scelta fra quelle idonee a svolgere la minima lavorazione. Si può annoverare fra le minime lavorazioni lo Strip Tillage, una tecnica molto interessante per le colture a ciclo estivo, che limita la lavorazione, sempre superficiale, a strette fasce di terreno attorno alla linea di semina. La tecnica prevede la lavorazione del terreno non più sull’intera superficie dell’appezzamento, ma solo su quelle strisce in cui andrà seminata la coltura, che evidentemente sarà una coltura spaziata, cioè seminata su file. La striscia di lavorazione ha profondità compresa tra 15 e 25 cm, larghezza tra 15 e 20 cm, mentre la distanza tra le file è compresa tra 40 e 75 cm. In tal modo la superficie lavorata è circa il 40% dell’intero appezzamento.
Infine un cenno meritano le attrezzature in grado di realizzare il Vertical Tillage una tecnica di lavorazione conservativa che utilizza dischi o ancore leggere che interagiscono col terreno in modo verticale. Nel Vertical Tillage la lavorazione del terreno è affidata ad attrezzature che operano a elevate velocità (anche superiori ai 15 km/h). Ciò è possibile poiché la profondità di lavoro è di solito molto ridotta, in genere inferiore ai 10 cm; l’utensile che impatta sul terreno è molto spesso costituito da un disco folle, e come tale riduce notevolmente l’attrito.